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  • La figura di Jia Ruskaja si colloca in una posizione liminale e innovativa nella storia della danza italiana del primo Novecento, incarnando un incontro raro ma cruciale tra corpo danzante e superficie muta del cinema. Questo volume indaga quella intersezione tra gesto e immagine, tra mito e macchina da presa, tra improvvisazione coreutica e scrittura visiva. L’analisi delle due apparizioni cinematografiche dell’artista – Gli ultimi giorni di Pompei (1926) e Giuditta e Oloferne (1928) – consente al volume di ricostruire un capitolo trascurato della storia culturale italiana, riportando alla luce una figura artistica marginalizzata e una pratica coreografica colta nel suo momento più fertile: l’alleanza con il cinema muto. Tra le prime attrici-danzatrici italiane ad aver realizzato un nudo sullo schermo, Jia Ruskaja trasforma il proprio corpo in soggetto attivo e interrogante, capace di sovvertire gli sguardi normativi e di affermare una presenza espressiva, politica e poetica. Attraverso pratiche di sperimentazione e improvvisazione, elabora una grammatica del gesto inedita, costruita su immagini cine-coreutiche come la posa-iconema: un segno-soglia plastico e concettuale, posto al confine tra movimento e immobilità, tra stile e pensiero, tra visione e trasmissione. La danza del silenzio si configura come uno studio interdisciplinare che integra coreologia, teoria della performance e riflessioni sul corpo e sull’immagine, offrendo una lettura critica della relazione tra danza e cinema nella modernità. L’analisi così concepita indaga le forme di trasmissione e le pratiche di archiviazione del gesto, interpretando il film muto come spazio di emersione di un pensiero corporeo, di una memoria somatica e di una politica del corpo. Il volume si propone come una riattivazione critica e teorica dell’archivio danzato, affermando il corpo come luogo di senso, resistenza e visione.
  • Pochi mesi dopo aver collaborato con Giuseppe Verdi alla creazione di Un ballo in maschera, Antonio Somma diede alle stampe Cassandra (1859), imponente tragedia in cinque atti dagli echi alfieriani, saldamente legata alla tradizione classica e dedicata alla più grande attrice di quegli anni, Adelaide Ristori. Affine all'opera verdiana, benché precedente di diversi anni, è anche La maschera del giovedì grasso poema dai toni gotici, fosco e inquieto, ambientato durante la rivolta del cosiddetto Crudele giovedì grasso (1511).

  • Viviamo immersi in un universo sonoro nel quale la voce viva, ascoltata nello stesso luogo e momento della sua emissione, è intrecciata ad altre voci mediate da apparati tecnologici. Apparentemente indistinguibili, queste voci richiedono di riflettere sulla mediazione operata dagli strumenti che le producono e diffondono. A partire dalla contemporaneità dobbiamo interrogarci sulla relazione tra il corpo e la voce, tra il potere di chi la possiede e quello di chi la media, tra la voce umana e quella trasformata e generata da sistemi artificiali, dal live electronics alle reti neurali. La mediazione tecnologica della voce spazia dalla voce fonografica, che rappresenta l’oggetto di ascolto più diffuso nel mondo globalizzato, alle forme di sperimentazione vocale e tecnologica, che offrono un osservatorio straordinario sulle trasformazioni in atto nel corpo virtuale della voce.
  • In questo volume, Vincenzo Della Ratta guida il lettore in un affascinante viaggio alla scoperta del complesso rapporto che intercorre tra la morte e i gong presso i jarai, un gruppo etnico degli Altipiani Centrali del Vietnam. I gong svolgono un ruolo cruciale nelle celebrazioni funebri dei jarai, poiché scandiscono i diversi momenti del lungo percorso rituale che culmina con l’Abbandono della tomba, la cerimonia con cui ci si congeda definitivamente dal defunto. Per consentire al lettore di comprendere il legame tra ensemble di gong e rituali funebri, l’autore presenta, inoltre, le concezioni dei jarai rispetto alla morte, la descrizione dello svolgimento dei rituali e anche la particolare configurazione dei cimiteri dove tali rituali hanno luogo. Il volume, presentato da Giovanni Giuriati, è accompagnato da un consistente apparato multimediale di numerosi esempi audio-video raccolti in Vietnam e si rivolge a studiosi di etnomusicologia, antropologia, orientalisti e storici delle religioni.
  • La musica a cui si riferisce il titolo di questo libro è, da una parte, la musica che Jean-Jacques Rousseau ascoltò fin da bambino commuovendosi fino alle lacrime e che lo consolò nelle difficoltà dell’età avanzata: musica semplice e piacevole, “naturale” come egli la dice; ed è anche la musica “imitativa”, musica d’arte raffinata e complessa di cui seppe descrivere le dinamiche tecniche e linguistiche nel loro percorso storico e indovinarne il futuro sviluppo; ma è soprattutto l’idea di musica da lui elaborata all’interno della riflessione sull’origine, sulle società, sui linguaggi, e a cui affidò la proiezione del suo io inquieto. Musica risonante e musica teorizzata interagiscono già nella prima prova pubblica di Jean-Jacques Rousseau, la presentazione all’Acadèmie des Sciences parigina di un nuovo sistema di notazione, e nel suo primo scritto pubblicato che lo spiegava nei dettagli e nelle motivazioni. Così sarà in tutte le sue prove musicali fino al Pygmalion quando l’altezza del compito affidato all’artista – la conciliazione di natura e cultura – lo sgomenta tanto da indurlo al silenzio.

    Sommario

    Introduzione Jean-Jacques e Rousseau Prime esperienze musicali Un’idea nuova Un lavoro straordinario Le due musiche Le Devin du village L’origine Un’altra origine L’arte del musicista Il teatro Pygmalion Le grand Faiseur Consolazioni Segni grafici Riferimenti bibliografici Indice dei nomi
  • Il volume La musica fra testo, performance e media offre una riflessione sulle forme di esperienza musicale della contemporaneità e di un passato che spazia dalla prima età moderna alla fine del Ventesimo secolo. Queste possono essere riportate a un concetto ampliato di mediazione musicale che non si applica soltanto all’esperienza “mediatizzata” della musica, proposta da dischi, film, trasmissioni radio e televisive, piattaforme di archiviazione web e social media, ma anche a un concerto dal vivo, a un’installazione, a una partitura a stampa e a un manoscritto musicale miniato. Nel complesso, i saggi di La musica fra testo, performance e media rispondono all’esigenza di problematizzare le forme di esperienza musicale riconducibili ai tre concetti di testo, performance e media, di esplorarne le reciproche relazioni e tensioni ma anche la reciproca permeabilità, fino al punto di indistinzione. La copertina è di Daniele Simonelli.
    SAGGI: Alessandro Cecchi - Forme e concetti dell’esperienza musicale: testo, performance, media nella prospettiva della mediazione radicale I. tecnologia esperienza performance Gianmario Borio - L’esperienza estetica sotto l’egida della tecnologia Giacomo Albert - Post-music: l’ibridazione delle forme audiovisive nel XXI secolo tra performance e tecnologia Alessandro Bratus - Corpi, schermi e “macchine che corrono”: la rappresentazione della performance nella Electronic Dance Music II. sguardo voce ascolto Vincenzo Borghetti - Lo sguardo che ascolta: Alamire, i manoscritti musicali di lusso e i lettori cortesi Michela Garda - Attraverso la voce: oltrepassamenti e dislocazioni tra XX e XXI secolo Emilio Sala - L’inconscio acustico della seconda voce di Milly Emanuele Senici - Filmare l’aria: Franco Enriquez, Francesco Rosi, Peter Sellars III. teorie visioni dibattiti Roberto Calabretto - Appunti per una teoria della musica per film, a partire dalle parole dei registi Gaia Varon - Al servizio dell’ascolto? Il dibattito sulla musica orchestrale in televisione ai suoi esordi IV. gesto corpo scena Maurizio Corbella - Nuove Consonanze. Corpo, suono e performance in Un tranquillo posto di campagna di Elio Petri Maria Teresa Soldani - Il cinema indipendente americano attraverso la musica indie Matteo Giuggioli - Le forme dell’opera nel cinema. Sull’impiego cinematografico del Trovatore tra Gallone e Visconti Ilario Meandri e Matteo Aldeni - Sonorizzatori e rumoristi: la realizzazione degli effetti sonori

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  • In questo piccolo epistolario, Gaetano Donizetti svela il proprio lato più intimo. Le lettere, scritte dopo la morte dell'adoratissima moglie, mostrano quegli aspetti del compositore che difficilmente avrebbero potuto trasparire dalle sue opere: i suoi passatempi, le sue amicizie, i suoi gusti, ma anche e soprattutto l'instancabile energia che mosse - in anni certo difficili - la sua vita e la sua carriera. Alla corrispondenza di Donizetti è premessa l'introduzione di Eugenio Checchi, interessante figura di giornalista-musicologo e patriota; le note alle lettere si avvalgono invece degli eruditi contributi di Filippo Marchetti e Alessandro Parisotti.
  • Luca Marenzio (c. 1553-1599), compositore che portò il genere del madrigale polifonico alla più alta espressione, visse e operò nelle principali corti dell'Italia settentrionale, a Roma, e in Polonia, al servizio del re Sigismondo III.

    Pur perseguendo intenti di sintesi, il volume non rinuncia a proporre dettagli biografici inediti, originali approfondimenti delle opere e un'aggiornata informazione bibliografica.

     

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