I nostri libri

Nel catalogo di NeoClassica si possono trovare libri sia in formato cartaceo sia eBook. Molti dei nostri libri sono anche su IBS, con lo sconto permanente del 5%.

Cerca nel Catalogo


Collane

Epoca

PREZZO

  • La figura di Jia Ruskaja si colloca in una posizione liminale e innovativa nella storia della danza italiana del primo Novecento, incarnando un incontro raro ma cruciale tra corpo danzante e superficie muta del cinema. Questo volume indaga quella intersezione tra gesto e immagine, tra mito e macchina da presa, tra improvvisazione coreutica e scrittura visiva. L’analisi delle due apparizioni cinematografiche dell’artista – Gli ultimi giorni di Pompei (1926) e Giuditta e Oloferne (1928) – consente al volume di ricostruire un capitolo trascurato della storia culturale italiana, riportando alla luce una figura artistica marginalizzata e una pratica coreografica colta nel suo momento più fertile: l’alleanza con il cinema muto. Tra le prime attrici-danzatrici italiane ad aver realizzato un nudo sullo schermo, Jia Ruskaja trasforma il proprio corpo in soggetto attivo e interrogante, capace di sovvertire gli sguardi normativi e di affermare una presenza espressiva, politica e poetica. Attraverso pratiche di sperimentazione e improvvisazione, elabora una grammatica del gesto inedita, costruita su immagini cine-coreutiche come la posa-iconema: un segno-soglia plastico e concettuale, posto al confine tra movimento e immobilità, tra stile e pensiero, tra visione e trasmissione. La danza del silenzio si configura come uno studio interdisciplinare che integra coreologia, teoria della performance e riflessioni sul corpo e sull’immagine, offrendo una lettura critica della relazione tra danza e cinema nella modernità. L’analisi così concepita indaga le forme di trasmissione e le pratiche di archiviazione del gesto, interpretando il film muto come spazio di emersione di un pensiero corporeo, di una memoria somatica e di una politica del corpo. Il volume si propone come una riattivazione critica e teorica dell’archivio danzato, affermando il corpo come luogo di senso, resistenza e visione.
  • Apparentemente costretto a sopravvivere soltanto grazie alla riproposizione dei capolavori consacrati dal repertorio, per tutto il Novecento il teatro musicale italiano non cessa di mostrare segni di vitalità e modernità. Questo libro è interamente dedicato ad un quindicennio – dal 1945 al 1961 – della storia musicale e culturale italiana tendenzialmente trascurato dagli studi operistici, ma non per questo meno originale e sorprendente: muovendosi tra i rischi di un facile epigonismo e le arditezze delle avanguardie postbelliche alle porte, i compositori italiani non smettono di cedere all’inevitabile tentazione del teatro musicale, realizzando non di rado lavori meritevoli di una nuova e più consapevole attenzione critica.
  • Per la prima volta in questo libro vengono raccolti gli scritti e pubblicate le conferenze di uno dei più importanti e prolifici compositori cinematografici italiani, che non ha tuttavia richiamato l’attenzione degli studiosi quanto i contemporanei Rota e Morricone. In questi testi, accompagnati da una selezione di interviste, Angelo Francesco Lavagnino spiega – al pubblico o a interlocutori come Giulietta Masina e Marco Giusti, in modo preciso e professionale, ma anche con tono ironico e scanzonato – in cosa consista il difficile mestiere del musicista cinematografico, una professione che lui stesso contribuì a ridefinire integralmente attraverso una pratica a tutto campo e una meditata riflessione sul rapporto fra suono, musica e immagine.
  • Riunire le teste dell’idra esplora il processo creativo di Fabrizio De André, analizzando le fasi che conducono alla realizzazione delle sue canzoni: dalla scelta dei temi alla scrittura dei testi, dalla composizione alla definizione degli arrangiamenti, fino al lavoro in studio e alla produzione. Il volume adotta un approccio interdisciplinare, che interseca popular music studies, analisi musicologica ed etnomusicologia, e si avvale di documenti autografi e testimonianze inedite per indagare in profondità il laboratorio artistico di uno dei più influenti cantautori italiani del Novecento.
  • Per quale motivo un periodo della storia dell’opera italiana è stato trascurato o, peggio, liquidato sotto la sbrigativa definizione «interregno»? L’età plurale tenta di dare una risposta, fornendo per la prima volta un’interpretazione complessiva di un’epoca colma di avvenimenti, non solo interni al teatro, ma che anzi su esso si riverberano. Storia, società, biografie, tecniche compositive vengono lette come esiti di un complesso sistema di spinte e controspinte; abbracciare e descrivere la pluralità permette di sottrarre questi anni ai luoghi comuni che ne hanno fatto un proemio (qualitativamente inferiore) del “vero” Ottocento operistico.
  • Il presente volume è caratterizzato da un approccio ampiamente interdisciplinare. Del rapporto tra patrimonio culturale tangibile e intangibile si è inteso non solo e non tanto mettere in luce le differenze, bensì esplorare possibili sinergie nella prospettiva, innanzitutto, della valorizzazione e della fruizione. Ciò nella convinzione che l’interdisciplinarità – in particolare se si vuole affrontare questioni reali relative allo sviluppo del diritto e delle iniziative di valorizzazione per il patrimonio culturale – non è una scelta, bensì un’assoluta necessità, in quanto il settore culturale è caratterizzato da una grande varietà di oggetti, approcci e contesti sociali di riferimento. Per trovare soluzioni adeguate, non è sufficiente semplicemente giustapporre nozioni e teorie proprie di differenti ambiti disciplinari, è necessario operarne una sintesi grazie al genuino ascolto reciproco, nel rispetto della specifica professionalità di ciascuno.
  • A un anno dalla scomparsa di Arrigo Boito (1918), un importante critico letterario italiano dedica la prima monografia alla vita e alle opere dello scapigliato. Testo necessario per una profonda comprensione non solo del Boito letterato, ma anche del Boito musicista. Pompeati racconta le trame sottese alla scrittura di capolavori come Re Orso, Mefistofele - del quale dà un'interessante interpretazione anche musicale - e l'ultimo Nerone, affrontando fra l'altro pure la faccia allegra e forse meno nota di Boito con Basi e bote. Al testo è aggiunta la prefazione di Renzo Bragantini, italianista, già ordinario di Letteratura Italiana all'Università "La Sapienza" di Roma.
  • «La capacità di apprendere da tutto ciò che incontra lungo il suo percorso è una costante della vita di Brahms. Non c’è nessun compositore che sia in grado come lui di appropriarsi di ciò che è nuovo, ma soprattutto di ciò che è stato nuovamente scoperto dell’antico»: questo giudizio viene dalla penna di Philipp Spitta, il grande biografo di Johann Sebastian Bach. Sono parole che, sotto forma di allusione, sollecitano a vedere un lato nascosto dell’attività di Brahms, quello rappresentato dal suo dialogo con la musicologia, la disciplina che portava ai suoi occhi, alle sue orecchie, “le nuove scoperte dell’antico”.

    Brahms visse in un’epoca in cui la ricerca musicologica fioriva in una multiforme vitalità (alimentata dal legame strettissimo tra filologia e storiografia) ed ebbe con tanti studiosi di questa disciplina un rapporto duraturo, profondo, in cui la reciproca stima poteva anche trasformarsi in amicizia.

Titolo

Torna in cima