Collane

PREZZO

  • «La capacità di apprendere da tutto ciò che incontra lungo il suo percorso è una costante della vita di Brahms. Non c’è nessun compositore che sia in grado come lui di appropriarsi di ciò che è nuovo, ma soprattutto di ciò che è stato nuovamente scoperto dell’antico»: questo giudizio viene dalla penna di Philipp Spitta, il grande biografo di Johann Sebastian Bach. Sono parole che, sotto forma di allusione, sollecitano a vedere un lato nascosto dell’attività di Brahms, quello rappresentato dal suo dialogo con la musicologia, la disciplina che portava ai suoi occhi, alle sue orecchie, “le nuove scoperte dell’antico”.

    Brahms visse in un’epoca in cui la ricerca musicologica fioriva in una multiforme vitalità (alimentata dal legame strettissimo tra filologia e storiografia) ed ebbe con tanti studiosi di questa disciplina un rapporto duraturo, profondo, in cui la reciproca stima poteva anche trasformarsi in amicizia.

  • A un anno dalla scomparsa di Arrigo Boito (1918), un importante critico letterario italiano dedica la prima monografia alla vita e alle opere dello scapigliato. Testo necessario per una profonda comprensione non solo del Boito letterato, ma anche del Boito musicista. Pompeati racconta le trame sottese alla scrittura di capolavori come Re Orso, Mefistofele - del quale dà un'interessante interpretazione anche musicale - e l'ultimo Nerone, affrontando fra l'altro pure la faccia allegra e forse meno nota di Boito con Basi e bote. Al testo è aggiunta la prefazione di Renzo Bragantini, italianista, già ordinario di Letteratura Italiana all'Università "La Sapienza" di Roma.
  • Per quale motivo un periodo della storia dell’opera italiana è stato trascurato o, peggio, liquidato sotto la sbrigativa definizione «interregno»? L’età plurale tenta di dare una risposta, fornendo per la prima volta un’interpretazione complessiva di un’epoca colma di avvenimenti, non solo interni al teatro, ma che anzi su esso si riverberano. Storia, società, biografie, tecniche compositive vengono lette come esiti di un complesso sistema di spinte e controspinte; abbracciare e descrivere la pluralità permette di sottrarre questi anni ai luoghi comuni che ne hanno fatto un proemio (qualitativamente inferiore) del “vero” Ottocento operistico.

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