Tancredi e Clorinda: da Tasso a Monteverdi

Il Combattimento di Tancredi e Clorinda è uno dei capolavori di Claudio Monteverdi. Fu rappresentato nel carnevale del 1624 nel veneziano palazzo Mocenigo di fronte ad un nobile pubblico commosso, e fu dato alle stampe, nell’ottavo libro di madrigali, nel 1638.
La vicenda è tratta dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso dove il culmine della vicenda dell’amore di Tancredi per Clorinda sta nello sconsolato combattimento notturno durante il quale l’eroe ucciderà (senza riconoscerla) l’amata Clorinda che, prima di spegnersi, gli chiederà il battesimo. La sofferenza trasporterà Tancredi alle soglie della follia, ma si risolverà (nel corso dell’epopea cavalleresca) in una sommessa e accorata elegia dopo l’apparizione in sogno dell’amata.
La versione musicale di Monteverdi innalza le accese passioni dei protagonisti dispiegando soprattutto i suggestivi aspetti emozionali; soprattutto, è l’escavazione psicologica dei personaggi (attraverso una definizione accurata degli “affetti” musicali) a stimolare ancora uno degli elementi di richiamo della composizione.

La struttura

Il Combattimento di Tancredi e Clorinda costituisce, dal punto di vista del genere musicale, una forma di madrigale rappresentativo. La struttura polifonica della composizione presenta un organismo musicale “aperto” e modellato sul contenuto affettivo e immaginativo del testo.

Il controtenore svolge la funzione di Testo, chiarisce la vicenda e determina il ruolo dell’osservatore; il soprano e il basso, invece, interpretano i due personaggi guerrieri.

Il madrigale, nel corso del Rinascimento, ricerca man mano un rapporto più incisivo tra parole e musica: nei primi esempi storici di madrigale, quest’ultimo era sempre alla ricerca di una forma autonoma mentre negli ultimi esempi mira ad illustrale le varie sfumature testuali attraverso il cromatismo, la timbrica vocale, la sovrapposizione contrappuntistica o armonica mediante una condotta musicale tesa ad un’adesione puntuale alla parola poetica.

Le tecniche compositive

Claudio Monteverdi, attraverso tecniche compositive innovative (definito storiograficamente come seconda prattica della composizione musicale) quali l’uso dello stile concertato per voci e strumenti, la monodia e il sussidio della dimensione scenica, avvia il madrigale verso esiti nuovi al contrario di Carlo Gesualdo da Venosa o le ultime opere di Luca Marenzio che, invece, spinsero la poetica del madrigale cinquecentesco verso un’insania manieristica.

Nella composizione del Combattimento, Monteverdi vuole dar vita alle passioni e soprattutto mettere in luce i singoli passi dei versi del Tasso attraverso uno stretto contatto con la parola poetica fino a farne un’illustrazione (madrigalismo) emotiva insieme al movimento nella scena dei personaggi. Ad esempio, nel terzo verso della prima ottava Va girando colei l’alpestre cima, il compositore sostiene il canto con un motivo circolare di quattro suoni scandito da un ritmo binario per illustrare il vagare di Clorinda.

Proprio il Combattimento dava possibilità al compositore di mettere in musica passioni intense, intrise di ambiguità e forti contrasti (amore e guerra, odio e pietà, vita e morte, ecc.) rintracciabili nella stessa natura poetica dei versi del Tasso. L’assetto focale dell’arte oratoria è costituito dalle figure retoriche che sollecitano l’affetto, guidano le pulsioni emotive del discorso e, in linea generale, caratterizzano le diverse parti del discorso.

Nella trattatistica seicentesca e settecentesca gli affetti erano frutto di una dimensione “psicagogica” ovvero di causa ed effetto; la musica si avvicina, dunque, più alla retorica (che tende al persuadere) che non al diletto, più affine alla poesia.

In tal modo, il compositore fa uso delle figure retoriche come artefici della forte connotazione affettiva, e li formalizza secondo un particolare intervallo (armonia o ritmo).

Il rapporto con la parola

Nel Combattimento di Tancredi e Clorinda, Monteverdi individua dal Tasso tre tipi di riferimenti da sottolineare musicalmente: riferimenti di azione, di carattere psicologico e di sonorità. L’azione più magistralmente descritta è quella del «tre volte il cavalier la donna stringe con le robuste braccia; ed altrettante poi da què nodi tenaci ella si scinge»: qui presenta una sincope che determina nell’ascoltatore un senso d’attrito e di movimento frenato,  e la melodia discendente che emerge disegna uno scivolamento dolce e sensuale che produce l’immagine di un amplesso amoroso, caratterizzato da intensi e languidi contatti.

Nel cogliere gli effetti sonori, invece, Monteverdi propone vere e proprie onomatopee di grande efficacia (come il fracasso delle carrozze durante il combattimento): l’uso di pizzicati e di tremoli sugli strumenti ad arco, ad esempio, esaltano ciò che ritmicamente è già insito nei versi del Tasso. L’alternarsi di momenti di grande concitazione a momenti di grande stanchezza costituisce in Monteverdi la possibilità di creare un affresco drammaturgico denso di passioni e intensi lirismi.

A prescindere, però, dall’adesione agli stimoli offerti dal Tasso bisogna considerare ciò che Monteverdi opera a livello architettonico della composizione; il compositore regolerà, infatti, il flusso drammaturgico degli eventi secondo una regia di ritenzioni e protensioni. Ne è esempio il momento in cui la spada di Tancredi affonda nel seno di Clorinda che musicalmente viene rappresentato in una sorta di ralenti ante litteram in quanto Monteverdi crea uno scarto inatteso nella velocità del brano e un rilievo timbrico tale da sospendere la temporalità della vicenda in un effetto che secoli dopo, nella cinematografia, diverrà frequentemente utilizzato.

Questo momento estremamente rarefatto coincide con il culmine della metafora erotica della vicenda e avvia la metamorfosi di Clorinda: da saracena a cristiana, da amazzone a donna; ma, soprattutto, vi è la rivelazione di un amore che, da impuro e lacerato, diviene puro e incorruttibile.

Maria Serio