Galoba – Il canto liturgico nella comunità georgiana cristiano-ortodossa di Sant’Andrea di Roma (2014-2019)

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Le coriste rispondono al celebrante con una notevole varietà di formule prese dalla tradizione orientale che sono tutte, ad eccezione della prima particolarmente melismatiche. Alle preghiere del celebrante il coro risponde undici volte “Upalo shegvits’q’alen”. Solo l’undicesima volta viene ripetuta una formula precedente (la quinta). Le prime dieci sono tutte diverse pur se talvolta con piccole variazioni.

Serena Facci

L’Alleluia che precede la lettura del Vangelo (ad eccezione dei periodi di Quaresima) è in genere cantato dalle coriste con una formula semplice e sillabica.

Serena Facci

Nella Figura 9, il sonogramma di questo Alleluia visualizza in modo evidente come il tratto che corrisponde ai suoni armonici si semplifichi all’arrivo della nota cadenzale nella quale le voci purissime (due soli sono gli armonici, fondamentale e prima ottava) si alleggeriscono e stringono nell’unisono.

Serena Facci

Alle letture fanno seguito le Litanie e le preghiere (dei fedeli, per i defunti, dei catecumeni). Anche queste Litanie sono in forma antifonale, ma in genere le risposte del coro sono molto più rapide e ritmiche. In alcuni casi il coro canta incessantemente “Upalo shegvits’q’alen” sovrapponendosi alle preghiere di P. Giovanni.

Serena Facci

“Ghirs ars ch’eschmarit’ad” (È cosa buona e giusta adorare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: Trinità consustanziale indivisibile) è intonato in una versione orientale, “kartli-kakuli”, in modo dolcissimo con una lunga conclusione melismatica.

Serena Facci

È un famoso inno dedicato alla Madre di Cristo, “Shen khar venakhi” (Tu sei la vite) cantato in un tono della Georgia orientale. Questo inno, molto popolare, è attribuito al re Demetrio I (detto anche Damiano il monaco) che unificò la Georgia nel XII secolo. È cantato durante la Liturgia in momenti non stabiliti, spesso durante la Comunione.

Serena Facci

È un famoso inno dedicato alla Madre di Cristo, “Shen khar venakhi” (Tu sei la vite) cantato in un tono della Georgia orientale. Questo inno, molto popolare, è attribuito al re Demetrio I (detto anche Damiano il monaco) che unificò la Georgia nel XII secolo. È cantato durante la Liturgia in momenti non stabiliti, spesso durante la Comunione.

Serena Facci

Questo inno è in “sada kilo”, della Scuola di Gelati. I brani del monastero di Gelati sono considerati appartenenti alla tradizione più antica. Nonostante questo stile sia considerato il più semplice, la complessità formale di questo Trisagio è notevole, in quanto le quartine non sono cantate con formule identiche e, dopo il Gloria, la ripresa contiene variazioni melismatiche. Questa versione lunga dell’inno deve aver colto di sorpresa anche P. Giovanni, intervenuto durante il canto per due volte, producendo alla fine una veloce interruzione in sfumando da parte delle cantatrici.

Serena Facci

Questa versione del Trisagio composto dal Patriarca Ilia è stata registrata all’inizio della celebrazione per il Giovedì Santo (lettura dei Dodici Vangeli), durante la purificazione della chiesa. Il coro, che era composto solo da Ada, Keti e Khathuna, ha intonato l’inno accompagnando la fine dell’incensazione e l’uscita di P. Giovanni per la lettura del primo dei passi del Vangelo.

Serena Facci

Confronto di due varianti sillabiche e di simile durata di “Upalo shevgits’q’alen”, cantate dal coro de Sant’Andrea a Roma (in alto) e dal coro del Monastero di Mamadavidi a Tblisi (in basso), rappresentate nei sonogrammi della Figura 17. A parte la differente intensità nell’esecuzione l’esecuzione delle coriste di Roma, evidenzia la sovrapposizione degli armonici e le formanti delle vocali, inoltre è anche possibile notare un leggero vibrato nella finale. L’esempio dei cantori di Tbilisi è molto compatto, con una chiara esaltazione degli armonici più gravi, che scuriscono il suono.

Serena Facci

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Durante le riprese di una troupe della televisione nazionale georgiana Ibervisia, Anastasia Janetti, Lali Orbeladze e Ekaterine Gedenidze indossarono un costume georgiano, il “samaia”, per eseguire una danza tradizionale sulla base registrata di un famoso canto, “Mze shina”. Notare l’esecuzione delle cantanti del coro durante una breve interruzione della base registrata.

Alessandro Cosentino

Discussione tra le coriste durante la preparazione della Liturgia nella notte di Pasqua 2015 a proposito delle intonazioni del Tropario della Resurrezione. Sophia, che si era aggiunta da poco al coro, accenna a una variante di sua conoscenza, diversa da quella che Eka sta proponendo.

Alessandro Cosentino

Anastasia svolge il ruolo di “medavitne”, leggendo in un leggero e sicuro tono di recita le orazioni. L’atmosfera in tutta questa fase è generalmente rilassata, i fedeli arrivano alla spicciolata e prendono posto in piedi nella chiesa.

Serena Facci e Vanna Viola Crupi

Nel Filmato 4 è possibile vedere l’itinerario di P. Giovanni durante il Primo Ingresso. Uscito dalla porta di sinistra, esibendo il libro riccamente ornato del Vangelo, raggiunge e si ferma davanti all’icona posta al centro della chiesa per poi tornare all’altare e benedire l’assemblea. Il coro canta i testi previsti per quella specifica domenica utilizzando una delle due formule consuete.

Serena Facci e Alessandro Cosentino

Khathuna Kibabidze, una fedele incaricata della prima lettura è accompagnata dal coro che canta per tre volte: «Quanti siete battezzati in Cristo, di Cristo vi siete rivestiti. Alleluia». Il tono scelto dal coro è molto popolare, tanto da consentire a molti fedeli di aggiungersi al canto.

Serena Facci e Alessandro Cosentino

La versione eseguita nel video è tratta da un volume di inni nello stile orientale dei “Karbelashvili”. L’esecuzione melismatica e lenta porta inevitabilmente a una frammentazione del testo che sembra disperdersi, mutandosi in puro suono. Nel video è inquadrata la mano di Eka che sembra accarezzare le curve melodiche fino allo sfumato finale. La processione si conclude con la preghiera del Celebrante che mostra i doni sacri ai fedeli. Alla fine di questa preghiera il coro intona la seconda parte dell’inno. La parte conclusiva dell’Inno Cherubico (“Davitartsa meupisa”) è più incalzante ritmicamente, con andamento prevalentemente sillabico-accordale. La versione eseguita nella sequenza video, anch’essa in stile orientale è un esempio abbastanza chiaro della complessità modale della polifonia georgiana.

Serena Facci e Vanna Viola Crupi

Si tratta, come noto, di una preghiera molto lunga, in cui il testo è simile nella liturgia bizantina e quella romana ad eccezione del passaggio “qui ex Patre Filioque procedit”, che distingue teologicamente la Chiesa cattolica da quella ortodossa. In genere, nelle composizioni, è eseguita utilizzando prevalentemente il tono di recita “tsartkma”. È suddivisa in ampie frasi lette con suoni ribattuti che si concludono con una formula melodica cadenzale.

Serena Facci e Alessandro Cosentino

L’inno del “Santus” è eseguito in una formula lenta e sommessa, che induce più al raccoglimento che alla esaltazione. I fedeli sono talvolta inginocchiati e intimamente raccolti, soprattutto nel successivo “Shengigalobt, schengakurtkhevt” (Noi ti inneggiamo, ti benediciamo) che accompagna le preghiere del celebrante che recita il memoriale dell’ultima cena. Il coro è composto solo da Ekaterine, Sophia e Madona. Era la ricorrenza della Benedizione delle acque come si può vedere dal vaso in metallo già pronto al centro della chiesa, che cadeva, quell’anno, di giovedì. Dunque la gran parte delle persone era al lavoro e in chiesa c’erano poche fedeli. L’intonazione è tratta dal repertorio di Gelati, che, come si è detto e come è anche possibile notare in questo esempio, è più asciutta rispetto a quella Kartli-Kaketi.

Serena Facci e Vanna Viola Crupi

L’inno del “Santus” è eseguito in una formula lenta e sommessa, che induce più al raccoglimento che alla esaltazione. I fedeli sono talvolta inginocchiati e intimamente raccolti, soprattutto nel successivo “Shengigalobt, schengakurtkhevt” (Noi ti inneggiamo, ti benediciamo) che accompagna le preghiere del celebrante che recita il memoriale dell’ultima cena. Il coro è composto solo da Ekaterine, Sophia e Madona. Era la ricorrenza della Benedizione delle acque come si può vedere dal vaso in metallo già pronto al centro della chiesa, che cadeva, quell’anno, di giovedì. Dunque la gran parte delle persone era al lavoro e in chiesa c’erano poche fedeli. L’intonazione è tratta dal repertorio di Gelati, che, come si è detto e come è anche possibile notare in questo esempio, è più asciutta rispetto a quella Kartli-Kaketi.

Serena Facci e Alessandro Cosentino

Durante la Liturgia (a) si può vedere come la versione del Trisagio in stile orientale sia noto ai fedeli e alcuni di loro lo intonano insieme al coro. Anche P. Giovanni lo mormora. In quella occasione però le coriste avevano combinato due diverse intonazioni del Trisagio. Infatti, dopo il Gloria, per intonare la quartina conclusiva, eseguono il modello dello Svaneti. Il Trisagio in stile “svanuri”, di ampia durata con i suoi suoni lunghi, si prestò bene in quella stessa giornata per accompagnare la gioiosa distribuzione delle “palme” (b).

Serena Facci e Vanna Viola Crupi

In questa versione, composta dal Patriarca Ilia II nel 1962, l’inno è intonato con una formula in quattro frasi ABBC, semplice e cantabile. Nel video è possibile vedere quanto avveniva nel coro e tra i fedeli durante l’esecuzione dell’inno. Come succedeva spesso, Luca, il figlio di Ekaterine, reclamava in modo particolarmente insistente l’attenzione della mamma. Eka dunque ha dovuto prenderlo in braccio continuando comunque a cantare e a dirigere le altre senza problemi per l’esecuzione. Il lettore ha preso posto al centro della chiesa mentre i fedeli accendevano le loro candele a partire dal cero posto davanti all’icona centrale.

Serena Facci e Alessandro Cosentino

Il “mravaljamieri”, variante georgiana del Polycronion (in italiano Lunga vita), è un encomio benaugurale contemplato dalla liturgia delle chiese orientali. In Georgia è eseguito in molte occasioni, anche conviviali e festive ed è molto diffuso. Il video è girato all’esterno della chiesa, durante le riprese di una troupe della televisione nazionale georgiana Ibervisia, per un servizio sull’esperienza a Roma dei Georgiani e in particolare di P. Giovanni.

Serena Facci e Alessandro Cosentino

Il canto, ovviamente a tre parti, viene ripetuto durante tutto il giro per le strade adiacenti la chiesa di Sant’Andrea. Fa parte della Liturgia pasquale nelle chiese di rito Bizantino e corrisponde all’annuncio della Resurrezione: «Gli angeli cantano nei cieli la tua Resurrezione, Cristo Salvatore. Concedi anche a noi sulla terra di glorificarti con purità di cuore». L’incipit in georgiano è “Aghdgomasa shensa”. Le coriste lo intonano in una versione di Guria, che è stata proposta da Sophia. Le campanelle e le voci delle donne riempiono in maniera molto potente la strada, superando anche il rumore di fondo che viene dal vociare, dalla musica della “movida”, dallo strepitio di piatti e bicchieri che proviene dall’interno dei locali, dalle automobili nelle strade adiacenti.

Serena Facci e Alessandro Cosentino

P. Giovanni si ferma con le spalle alla porta e dopo alcune preghiere e benedizioni con la triplice candela grida l’annuncio della Resurrezione, “Krist’e aghsdga” (Cristo è risorto), al quale i fedeli rispondono “Ch’eshmarit’ad aghdga” (è veramente risorto). A questo punto una delle cantanti del coro lancia l’incipit del tropario della Resurrezione, “Christe agsdga mkvdretit” (Cristo è risorto dai morti, con la sua morte ha calpestato la morte e ai morti nei sepolcri ha donato la vita!).

Alessandro Cosentino e Vanna Viola Crupi

La liturgia era arrivata al momento che precede la comunione dei fedeli, allorché le porte si chiudono. Le coriste avevano preparato una serie di differenti intonazioni del tropario di Pasqua. Arrivò il turno di cantarne uno con un impianto tonale, come nei cosiddetti canti “sionuri”, in Sib minore. Prima di dare l’avvio al canto Ekaterine richiamò la mia attenzione per dirmi: «Questo è in minore» e aggiunse una frase che era ricorsa durante un dibattito a Tor Vergata: «la gioia in minore».

Serena Facci e Alessandro Cosentino