La danza del silenzio
Corpo, gesto e visioni improvvisative nel cinema muto di Jia Ruskaja

16,00 

Dimensioni 17 × 24 cm
Formato

cartaceo

Pagine

122

ISBN

978-88-9374-088-3

Collana: Echo

PREZZO: 16,00 

La danza del silenzio
Corpo, gesto e visioni improvvisative nel cinema muto di Jia Ruskaja

16,00 

Dimensioni 17 × 24 cm
Formato

cartaceo

Pagine

122

ISBN

978-88-9374-088-3

Collana: Echo

Descrizione

La figura di Jia Ruskaja si colloca in una posizione liminale e innovativa nella storia della danza italiana del primo Novecento, incarnando un incontro raro ma cruciale tra corpo danzante e superficie muta del cinema. Questo volume indaga quella intersezione tra gesto e immagine, tra mito e macchina da presa, tra improvvisazione coreutica e scrittura visiva. L’analisi delle due apparizioni cinematografiche dell’artista – Gli ultimi giorni di Pompei (1926) e Giuditta e Oloferne (1928) – consente al volume di ricostruire un capitolo trascurato della storia culturale italiana, riportando alla luce una figura artistica marginalizzata e una pratica coreografica colta nel suo momento più fertile: l’alleanza con il cinema muto.

Tra le prime attrici-danzatrici italiane ad aver realizzato un nudo sullo schermo, Jia Ruskaja trasforma il proprio corpo in soggetto attivo e interrogante, capace di sovvertire gli sguardi normativi e di affermare una presenza espressiva, politica e poetica. Attraverso pratiche di sperimentazione e improvvisazione, elabora una grammatica del gesto inedita, costruita su immagini cine-coreutiche come la posa-iconema: un segno-soglia plastico e concettuale, posto al confine tra movimento e immobilità, tra stile e pensiero, tra visione e trasmissione. La danza del silenzio si configura come uno studio interdisciplinare che integra coreologia, teoria della performance e riflessioni sul corpo e sull’immagine, offrendo una lettura critica della relazione tra danza e cinema nella modernità.

L’analisi così concepita indaga le forme di trasmissione e le pratiche di archiviazione del gesto, interpretando il film muto come spazio di emersione di un pensiero corporeo, di una memoria somatica e di una politica del corpo. Il volume si propone come una riattivazione critica e teorica dell’archivio danzato, affermando il corpo come luogo di senso, resistenza e visione.